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LE LACRIME DELLA NOTTE

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veryforever
view post Posted on 16/5/2008, 12:48     +1   -1




Questa volta ho deciso di scrivere una storia al maschile...


Non avrei mai immaginato di vagare di notte per la città. Angela, l’amore della mia vita, mi aveva scaricato. “Non posso amarti più” concluse il nostro rapporto con le lacrime agli occhi. Nel mio cuore si scatenò una tempesta incontenibile, e mi affidai alle risorse rimaste dentro per non barcollare. Non si possono ferire a bruciapelo i sentimenti, pensai. Un’atrocità che non dovrebbe nemmeno esistere. “Perché?” le chiesi, ritrovando un filo di voce. “Non chiedermelo, ti prego. Piuttosto sii sereno. Soffrirei ancora di più se tu non lo fossi” aggiunse senza ulteriori spiegazioni. “Possiamo chiamare un taxi, per favore?” “Si.” Lo chiamò lei. Un attimo dopo ero nell’ascensore e scendevo lentamente dal settimo piano. Ebbi la sensazione di essere sopra una nuvola che vagava nel cielo grigio, perché ero grigio dentro. Un ultimo sguardo verso la sua finestra illuminata e lei era lì, come un’ombra dietro i vetri. Mi salutò agitando la mano per l’ultima volta. Il taxi era oltre il cancello d’ingresso. Avevo gli occhi offuscati. “Ha chiamato lei?” sentii la voce del tassista che facevo fatica a vedere. “Ancona 43?” precisai meccanicamente. “Si.” Alla stazione centrale” indicai arrotolandomi in un angolo del sedile posteriore.Non pensavo a nulla. Avvertivo delle fitte al costato e non avevo tempo per pensare. Temevo il peggio. Perché soffrivo? Per una donna che non voleva amarmi più. L’amore, l’amore. Ti esalta, ti umilia, ti sublima, ti annienta. Che tipo di amore era stato il nostro mi domandai in un momento di luce. Non fui capace di darmi la risposta. Scesi dal taxi e raggiunsi il capolinea del 64. Appena l’autobus si mosse sbandai. Sembravo un fuscello in balia del vento. Portavo istintivamente le braccia al petto per frenare gli spasmi che mi sconquassavano la mente e cercavo un appiglio per reggermi. Mi dimenavo e sobbalzavo sulle ruote posteriori dell’autobus imboccando Via Cavour. Un uomo di colore mi osservava attentamente. Mi tese la mano, mi aiutò a sedere. La strada era lunga, dovevo raggiungere casa e superare la botta. Ero seduto in fondo all’autobus e non mi ero accorto che avevo anche pianto. Asciugai il viso, dopo respirai profondamente e trattenni il respiro come mi aveva suggerito il medico di famiglia. Egli era a 400 chilometri di distanza, io potevo solo mettere in pratica le sue raccomandazioni. Il turbinio della mia psiche mi concesse una tregua, mi guardai attorno e convenni che ero ancora in questo mondo, circondato, anche se pochi, da esseri meravigliosi. “Anche lei piange?” mi fece notare una ragazza seduta sulla mia sinistra. “Forse” le risposi “Allora siamo in due, questa sera” aggiunse. Il suo volto era inondato di lacrime. Neanche la pioggia lo avrebbe conciato così. I suoi occhi mostruosamente devastati dal rimmel. Sembravano due buchi di una tana mostruosa. Era molto giovane, aveva il diritto di piangere. Io, forse no, che avevo superato trent’anni. “Perché piange?” le chiesi. “Così” rispose scuotendo il capo. “Mi scusi, non avrei dovuto chiederlo.” “Lei perché piange?” rintuzzò. “Ho scoperto che anche il grande amore è una fregatura. Chi ci crede soffre e non può fare altro che piangere” le svelai. La ragazza mi fissò e smise di piangere. Rovistò nella borsetta e tirò fuori dei fazzolettini di carta. “Le avrei asciugate io quelle lacrime. Alla sua età si deve gioire” accennai con un sorriso. “L’avrebbe fatto sul serio?” si sorprese. “Certamente. Potrei essere il suo angelo custode.” “E’ sposato?” “Stavo correndo questo rischio. E’ finito tutto.” “La sua ragazza l’ha lasciata?” “ Si.” “Non la meritava.” “Può dirmi perché piangeva?” “Ho litigato con il mio ragazzo.” “Merita le sue lacrime?” “Non lo so.” “Gli vuole bene?” “Si.” “Allora un rimedio c’è sempre.” “Non credo.” “Perché?” “L’ho sorpreso con una nuova ragazza.” “E’ bella come lei?” “No.” “Non deve arrendersi.” “Non c’è speranza.” “Non sii pessimista. Intanto torni a casa, domani sarà un altro giorno.” “Non torno a casa.” “Dove intende andare?” “Da qualche parte.” “Non è una risposta.” “Dove vanno le persone deluse.” “Non conosco quel posto. Io pure sono deluso, ma torno a casa. Non mi aspetta nessuno. Sarà dura trascorrere la notte, ma sopravvivrò.” “Un angolo nascosto qualunque, dove ci si buca in pace. La notte sarà splendida, ci saranno altri amici.” “Perché lo fa?” “Per lui, per il mio ragazzo. Gliel’ho detto!” “E se telefonassimo a casa annunciando che sta rientrando per non farli preoccupare?” “Telefonare a casa! Di me non si fila nessuno. Mio padre è andato via di casa dieci anni fa, mia madre ha le sue amicizie. Io avevo un ragazzo, ora non ce l’ho più.” “Chi le procura la roba?” “Il mio ragazzo.” “Io non l’avrei fatto.” “Perché?” “Per amore… per non vederla piangere.” “Non si è mai bucato in vita sua?” “No.” Al capolinea scendemmo e sedemmo sulle scale di una chiesa. La porta piccola era aperta e nell’interno c’era una pace straordinaria. “Che facciamo?” chiese lei. “Io una prospettiva ce l’ho.” “Quale?” “Pregare, ringraziare Dio per la vita che ci ha dato e uscire da qui con l’impegno di rispettarla.” “Non mi lasci sola, la prego!” implorò. “Perché dovrei? Io e lei abbiamo un dannato bisogno di essere solidali, però dobbiamo smettere di piangere e guardare avanti con speranza.”

 
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view post Posted on 16/5/2008, 12:57     +1   -1

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Siciliana Sugnu!

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off-topic: ho votato il tuo blog nei 2 contest ai quali partecipi!

 
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